I trucchi dei Navy SEALs per vincere la paura (che funzionano anche nella vita quotidiana)

Ho un problema con gli appunti. Appunto mille cose e poi, puntualmente, ne perdo traccia. Il risultato è un aumento costante della confusione generale, una piccola entropia personale che si accumula senza chiedere permesso. Tra quei mille appunti ce n’era uno legato a un articolo pubblicato nel luglio del 2015 da Motherboard, la sezione di Vice dedicata a tecnologia e cultura. Il titolo era I trucchi delle forze speciali per vincere la paura. L’articolo oggi è offline. E allora tanto vale parlarne noi, di quei trucchi, e capire perché hanno ancora senso a distanza di anni (e avranno senso per sempre, in realtà).

I Navy SEALs — acronimo di Sea, Air, Land — sono le forze speciali statunitensi addestrate a operare in qualunque ambiente. Il loro motto (The Only Easy Day Was Yesterday – l’unico giorno facile era ieri), è diventato quasi pop, ma racconta bene il livello di pressione a cui sono sottoposti. Sono addestrati a fare cose che, per la maggior parte di noi, esistono solo nei film. Eppure, per quanto possano sembrare supereroi, restano esseri umani. Con un cervello identico al nostro. E con le stesse paure di base.

Il punto di partenza è proprio lì: nella biologia. La paura non è un difetto, ma un meccanismo di sopravvivenza. Al centro di tutto c’è l’amigdala, una piccola struttura del sistema limbico che prende il nome dalla sua forma simile a una mandorla. È lei a gestire l’allarme, l’istinto di fuga, l’aggressività. Quando percepisce un pericolo, reale o presunto, reagisce in una frazione di secondo, molto prima che la corteccia prefrontale — la parte razionale, quella che pianifica e valuta — abbia il tempo di intervenire.

È per questo che anche situazioni apparentemente innocue, come parlare in pubblico o affrontare un colloquio di lavoro, possono provocare reazioni fisiche intense. Dal punto di vista del cervello, la paura del giudizio sociale è antica quanto la paura dei predatori. Nei SEALs, questo corto circuito viene affrontato con l’aiuto di psicologi specializzati nella gestione del panico, spesso definiti come i “Big Four”. Non per eliminare la paura, ma per imparare a governarla.

Uno dei primi strumenti è sorprendentemente semplice: fissare un obiettivo emotivo. In condizioni di stress estremo, i SEALs cercano un’ancora mentale. Un pensiero concreto e significativo — la famiglia, una persona amata, una convinzione profonda — capace di riportare ordine quando l’amigdala va in tilt. In quel momento, la corteccia prefrontale può rientrare in gioco e rimettere in fila le priorità. Non è magia: è fisiologia applicata.

Un altro aspetto centrale è l’automatizzazione attraverso il training mentale. La visualizzazione non è una moda new age, ma una tecnica usata da atleti e professionisti di alto livello. Immaginare più volte una situazione complessa, nei minimi dettagli, prepara il cervello a riconoscerla come “già vista”. Quando accade davvero, l’impatto emotivo è minore. Cambiano gli scenari — per noi non si tratta di liberare ostaggi, ma magari di affrontare una riunione o una decisione difficile — ma il meccanismo resta identico.

C’è poi il tema del dialogo interiore. I SEALs vengono addestrati a parlarsi in modo funzionale, soprattutto sotto pressione. Non slogan motivazionali, ma istruzioni chiare e rassicuranti. Il cervello ascolta, sempre. Anche l’amigdala, che non distingue tra realtà e rappresentazione, può essere calmata da messaggi coerenti e positivi. È uno dei motivi per cui certi pensieri ricorrenti ci bloccano, mentre altri ci fanno andare avanti.

Infine, il respiro. Il più antico degli strumenti, spesso il più sottovalutato. Respirare lentamente, soprattutto allungando l’espirazione, invia al corpo un segnale preciso: non sei in pericolo immediato. L’ossigenazione migliora, la frequenza cardiaca scende, le capacità cognitive risalgono. Non è una tecnica orientale travestita da scienza: è un riflesso fisiologico misurabile.

Alla fine, la vera lezione dei Navy SEALs è questa: la paura non va sconfitta, va addestrata. E se funziona in contesti estremi, può funzionare anche tra le corsie di un supermercato, in una strada buia o davanti a una scelta che rimandiamo da troppo tempo.

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