Uno studio segna un grande passo avanti nella lotta al tumore gastrico: con l’immunoterapia durvalumab, il rischio di recidiva o morte cala del 29%.
Siamo dinnanzi ad uno studio che potrebbe cambiare il futuro della lotta contro il cancro allo stomaco. Arrivano infatti risultati incoraggianti dallo studio clinico internazionale di fase 3 Matterhorn, pubblicato sul New England Journal of Medicine, che apre la strada a un nuovo possibile standard di cura.
Il protagonista è durvalumab, un immunoterapico già utilizzato in altre patologie oncologiche. Abbinato alla chemioterapia tradizionale Flot, somministrata prima e dopo l’intervento chirurgico, ha dimostrato di ridurre del 29% il rischio di progressione, recidiva o morte nei pazienti con carcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea operabile.
Un dato che non riguarda solo le percentuali ma la vita concreta di migliaia di persone. Perché il tumore gastrico, sebbene meno diffuso rispetto ad altre forme oncologiche, resta tra i più aggressivi e difficili da trattare: spesso diagnosticato in fase avanzata, porta con sé tassi di sopravvivenza ancora troppo bassi.
Cosa cambia per i pazienti oncologici?
La sperimentazione ha coinvolto pazienti in stadio II, III e IV A, sottoposti a un percorso che ha previsto chemioterapia neoadiuvante in combinazione con durvalumab, poi l’intervento chirurgico, nuova chemio adiuvante e infine il farmaco in monoterapia.
Il risultato più importante? Non solo un miglioramento significativo nella sopravvivenza libera da eventi (indica il tempo durante il quale un paziente non manifesta nessun evento come la progressione della malattia o la comparsa di nuove metastasi) ma anche un trend positivo nella sopravvivenza globale.
“L’integrazione dell’immunoterapia con durvalumab ha aumentato sensibilmente le risposte complete – spiega Lorenzo Fornaro, oncologo all’AOU Pisana – candidandosi a diventare un nuovo standard di cura per i pazienti operabili”.
Fondamentale anche la conferma che il farmaco è ben tollerato: i pazienti hanno potuto affrontare la chirurgia senza ritardi o complicazioni, un aspetto cruciale nella gestione di tumori così complessi.
Secondo Carmine Pinto, direttore dell’Oncologia all’Ausl-Irccs di Reggio Emilia, i dati rafforzano il valore delle terapie mirate nelle fasi precoci della malattia, quando le possibilità di guarigione sono più alte. “Una presa in carico multidisciplinare – aggiunge – con stadiazione accurata, imaging, ecoendoscopia e supporto nutrizionale è essenziale per accompagnare il paziente nel miglior percorso terapeutico possibile”.
Anche Yelena Janjigian, responsabile dell’oncologia gastrointestinale al Memorial Sloan Kettering Cancer Center e coordinatrice del trial, conferma: “Aggiungere immunoterapia alla chemioterapia prima e dopo l’intervento aumenta in modo significativo le possibilità che il tumore non si ripresenti. È una svolta terapeutica con potenziale globale”.