Dopo l’esplosione del 2021, i NFT hanno subito un tonfo clamoroso. Oggi, nel 2025, emergono nuovi scenari: cosa accadrà?
Nel 2021 i Ethereum-powered NFT – token non fungibili – sembravano la nuova frontiera digitale: dalla vendita record dell’opera di Beeple al coinvolgimento di celebrità, investitori e grandi brand. Il mercato si infiammò, spinto da speculazione, collezionismo e una forte spinta mediatica.
Eppure, a soli quattro anni di distanza, molti di quegli asset sono diventati praticamente inutili: lo testimonia un utente su X che acquistò un NFT per 31.000 dollari nel 2021 e oggi afferma con ironia «vale zero, ma è ancora mio».
I bought this NFT in 2021 for $31,000
Now it’s worth $0 pic.twitter.com/T4gPxX4xZV
— MenaceToSociety 🥶 (@NFTsAreNice) October 19, 2025
NFT, il primo boom e il secondo boom (l’esplosione della bolla)
All’inizio la promessa era semplice: possedere un “oggetto digitale unico” registrato su blockchain, che garantiva autenticità e scarsità. I volumi di scambio superarono i 2 – 3 miliardi di dollari nei primi mesi del 2021. Il fenomeno attirò utenti, brand, mercati d’arte e persino videogiochi.
Tuttavia, non tardarono a sorgere problemi: sovra-offerta, hype senza fondamentali, mercati speculativi poco trasparenti e un contesto regolamentare incerto – una sorta di far west digitale. E, oggi, come stanno le cose? Una ricerca stima che circa il 95% delle collezioni NFT abbia oggi un market-cap pari a 0 ETH.
Nel periodo 2023-2024 i segnali d’allarme erano sotto gli occhi di tutti: i volumi scesi anche del 60% rispetto al picco.
Nel primo trimestre del 2025 il solo segmento “arte NFT” ha toccato un volume di scambio di appena 23,8 milioni di dollari, ossia una contrazione del 93% rispetto al boom.
Il risultato? Molti “collezionisti” si sono trovati in possesso di file digitali con scarsissima o nulla liquidità, e il tema “vale zero” è diventato comune, sebbene in molti l’abbiano presa con discreta ironia.
Videogiochi & NFT: una scommessa persa (ma non è detta l’ultima parola)
Tra 2021 e 2023 persino studi come Ubisoft, Square Enix e Konami provarono a introdurre NFT nei giochi: skin, personaggi, proprietà digitali. Ma la retromarcia fu rapida dopo l’esplosione della bolla.
Eppure, secondo dossier recenti, il segmento “gaming + NFT” nel 2025 ha iniziato a mostrare segnali di crescita: gli investimenti in startup gaming-NFT ammonterebbero a circa 4,2 miliardi di dollari.
Questo suggerisce che – non come prima, per moda – l’integrazione di NFT nei videogame potrebbe entrare in una fase più matura.
Se oggi molti NFT sembrano aver perso valore, non è del tutto giusto parlare di “fine definitiva”. Il mercato del 2025 appare trasformato: dal puro speculativo si sposta verso applicazioni che promettono utilità reale, come asset in-game, tokenizzazione di beni reali (RWA) e nuovi modelli ibridi.
In altre parole: la fase “facciamo miliardi in un mese” è finita, ma può iniziare un’altra, meno rumorosa e potenzialmente più sostenibile.
Cosa accadrà adesso? Per chi guarda avanti e non solo indietro, questa nuova fase può rappresentare l’opportunità di distinguere tra moda passeggera (che ha alimentato la succitata speculazione basata su un hype tanto clamoroso quanto effimero) e applicazione reale come infrastruttura digitale che, forse, ha ancora molto da offrire.