Quentin Tarantino e la guerra in Israele. Le parole del regista spiazzano tutti: “Se succede qualcosa, morirò da sionista”.
Quando intorno cadono le bombe, le frasi pesano più del solito. E ce n’è una, riportata da Daniella Pick, che negli ultimi giorni ha colpito più di qualsiasi analisi geopolitica: “Se succede qualcosa, morirò da sionista”. A dirla non è un politico, né un attivista. È Quentin Tarantino.
Secondo Pick, nel racconto al canale israeliano Channel 12, Tarantino affronta i momenti più tesi con una calma quasi disarmante. “Il più delle volte non scenderebbe nemmeno al rifugio se non glielo dicessi io – ha raccontato – Non ha paura. La prende nel modo più semplice del mondo”. Non è posa, non è provocazione: è il riflesso di una scelta di vita che non nasce oggi, né sotto la pressione della guerra.
Tarantino vive in Israele da anni. E non per caso. La relazione con Daniella Pick inizia nel 2009, quando il regista si trova nel Paese per promuovere Bastardi senza gloria. Una conoscenza che cresce lontano dai riflettori, fino al fidanzamento ufficiale del 30 giugno 2017. Poi il matrimonio, il 28 novembre 2018, con una cerimonia ebraica riformata celebrata nella loro casa di Beverly Hills.
Anche allora, però, il centro non è mai stato solo Los Angeles: Tarantino e Pick vivono tra gli Stati Uniti e Tel Aviv, nel quartiere di Ramat Aviv Gimel. E così il regista inizia a studiare l’ebraico, per vivere davvero il posto in cui ha deciso di stare.
Il 22 febbraio 2020 nasce in Israele il loro primo figlio. Il 3 luglio 2022 nasce, sempre in Israele, anche la secondogenita. Due nascite che fissano un punto fermo: Tarantino lega i momenti più importanti della sua vita familiare a Israele.
Quando Pick racconta che, durante la guerra, Tarantino le ha detto “Noi restiamo qui”, non lo fa con enfasi. “Non è mai stato un argomento di discussione – spiega – Lo ha detto ed era chiaro che fosse una decisione condivisa”. Nessun piano di fuga, nessuna valigia pronta (d’altra parte si trovavano a vivere in Israele, non in Palestina…).
“Adoro Israele”, ha detto lui stesso. “Se non mi piacesse, non sarei lì. Giocare con i miei figli, passeggiare nel quartiere, uscire con i miei amici e divertirmi”. Parole definitive, che fanno storcere il naso a molti considerando quanto accaduto negli ultimi anni.
Anche l’immagine privata del regista va in questa direzione. Pick lo descrive così: “È affettuoso, ama la famiglia, è coccoloso, divertente, giocoso. Ed è un marito straordinario e comprensivo”. Un Tarantino lontano dallo stereotipo del genio irrequieto, più vicino a un uomo che, dopo anni di cinema e ossessioni creative, ha trovato un equilibrio.
Un equilibrio che passa anche dalla casa. Dalla sala di proiezione privata, certo – insonorizzata, maniacale, con una porta pensata per contenere le sue reazioni rumorose – ma anche da un dettaglio che dice molto: una mezuzah all’ingresso (cos’è una mezuzah? Una pergamena su cui sono stilati i passi della Tōrāh corrispondenti alle prime due parti dello Shemà, preghiera fondamentale della religione ebraica, racchiusa in apposito contenitore).
Quentin Tarantino ha fatto la sua scelta, chiarissima.