Joker: Folie à Deux ha diviso il pubblico e la critica, lasciando molti spettatori con sentimenti contrastanti.
Il motivo principale di questa dissonanza sembra essere legato al radicale cambiamento di stile del film rispetto al primo capitolo, e in particolare alla decisione di introdurre elementi da musical.
Un’innovazione che, per alcuni, ha minato la tensione drammatica e il realismo psicologico che avevano reso il Joker del 2019 un successo acclamato. Vediamo più nel dettaglio perché questa scelta non ha trovato consenso unanime e come il personaggio di Joker nel film di Todd Phillips si discosta dalla sua controparte fumettistica.
Il passaggio al musical: una rottura inaspettata
Il primo Joker, interpretato da Joaquin Phoenix, ha impressionato il pubblico per il suo approccio oscuro e realistico alla nascita di uno dei più noti antagonisti del mondo dei fumetti. La pellicola del 2019 era cruda, violenta e fortemente radicata nel dramma psicologico, raccontando la storia di un uomo schiacciato da una società che lo rifiuta. Phillips aveva optato per uno stile sobrio, quasi “autoriale”, ispirandosi al cinema degli anni ’70, come Taxi Driver e Re per una notte, concentrandosi sul viaggio interiore di Arthur Fleck.
Con Joker: Folie à Deux, però, il regista ha intrapreso una strada completamente diversa, aggiungendo numeri musicali in stile Broadway e sequenze oniriche che ricordano i grandi classici del cinema musicale. Questo cambiamento ha colto molti di sorpresa. Il musical, per sua natura, sospende il realismo e spesso propone un’interpretazione più surreale e metaforica della realtà. Per alcuni spettatori, questa virata verso l’irreale ha infranto il fragile equilibrio emotivo che il primo film aveva saputo costruire così bene. La follia di Arthur Fleck, che nel primo film era palpabile, tangibile e radicata in una realtà opprimente, viene qui trasformata in un’esperienza più astratta, in cui la musica e la danza creano un distacco dal mondo tangibile.
Molti fan hanno espresso disappunto proprio su questo aspetto, sentendosi traditi da un film che si allontana dalle tonalità cupe e realistiche che avevano apprezzato nel 2019. Invece di continuare a esplorare la discesa nella follia di Arthur in modo lineare, Phillips ha preferito una rappresentazione più spettacolare e allegorica, che ha alienato parte del pubblico. Il contrasto tra l’aspettativa di un altro racconto intenso e doloroso e la realtà di un film che mescola teatro, musica e coreografie, ha lasciato molti perplessi.
Joker: dalla carta al grande schermo
Oltre al passaggio al musical, un altro punto di dibattito riguarda la differenza tra il Joker dei fumetti e quello della saga cinematografica di Todd Phillips. Da sempre, il Joker è uno dei villain più enigmatici e poliedrici del mondo DC Comics, e ogni interpretazione del personaggio offre una versione diversa, plasmata dal contesto culturale e dal medium in cui appare.
Nei fumetti, Joker è spesso raffigurato come un genio criminale, imprevedibile e sadico, con un umorismo contorto e una mente affilata. È il classico “agente del caos”, come lo ha definito anche il Joker di Heath Ledger ne Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan. Il suo obiettivo non è solo la distruzione, ma sovvertire le regole della società e piegare la morale degli altri, soprattutto quella di Batman, il suo eterno rivale.
Nella saga di Phillips, invece, il Joker è molto più umano e meno “mitologico”. Arthur Fleck non è un criminale geniale, né un villain strategico; è un uomo profondamente disturbato, vittima di abusi e ingiustizie sociali, che si trasforma lentamente in una figura simbolica di ribellione. Il Joker di Phillips è quasi una metafora del disagio sociale e dell’alienazione, più che un antagonista a tutto tondo. Questa versione del personaggio è apprezzata da chi vede nel film una critica sociale, ma per i puristi dei fumetti, manca di quella maestosità perversa e ingannevole che ha reso il Joker un’icona così longeva.
Inoltre, la scelta di raccontare la sua origine in modo così intimo, privandolo dell’alone di mistero che solitamente lo circonda, ha contribuito a creare una figura più debole agli occhi di alcuni. Il Joker dei fumetti è spesso avvolto nel mistero; non si sa chi sia veramente o da dove venga. Invece, il Joker di Phillips è chiaramente Arthur Fleck, un uomo con un passato tragico e una psiche fragile. Questa chiarezza ha privato il personaggio di parte del suo fascino intrinseco, secondo alcuni fan.
Conclusioni
Joker: Folie à Deux ha osato sfidare le aspettative del pubblico, offrendo una versione del Joker che non è solo lontana dalla sua incarnazione classica nei fumetti, ma che si distacca anche dal tono realistico del primo film. Il passaggio al musical ha introdotto un livello di surrealismo che ha allontanato parte degli spettatori, abituati a una narrazione più cruda e tangibile. Mentre il primo Joker era riuscito a conquistare per la sua rappresentazione intensa di un uomo distrutto dalla società, il sequel ha puntato su una dimensione più sperimentale e allegorica, dividendo il pubblico.
In definitiva, sebbene Joker: Folie à Deux sia certamente un’opera audace e visivamente affascinante, ha mostrato quanto sia difficile spingersi oltre i confini senza perdere il sostegno di chi si era affezionato alla versione precedente. Come spesso accade con i personaggi iconici, ogni nuova interpretazione del Joker è destinata a sollevare discussioni, e questa non fa eccezione.