Paris Hilton vinse un premio tutt’altro che lusinghiero per La maschera di cera. Ecco perché quel film del 2005 continua a essere ricordato (non sempre bene).
Ci sono film che rimangono nella memoria per motivi nobili e altri che diventano cult loro malgrado, magari perché particolarmente brutti (ci sono siti la cui mission è scrivere di film brutti).
La maschera di cera, remake del 2005 diretto da Jaume Collet-Serra, appartiene bene o male a questa seconda categoria e lo si ricorda soprattutto perché dentro ci recitava Paris Hilton, che per quel ruolo si portò a casa nel 2006 un Razzie Award, nello specifico il titolo di peggior attrice non protagonista (titolo a cui si aggiungerà nel 2010 con quello di peggior attrice del decennio). Un riconoscimento che non ha esattamente lo stesso peso di un Oscar, ma che negli anni ha finito per alimentare il mito attorno al film più di qualunque recensione.
La Hilton, che all’epoca era al massimo della popolarità — tra passerelle, reality tv e un personaggio costruito come un brand — decise di tentare la strada del cinema. L’esperimento non le andò benissimo, perlomeno dal punto di vista della critica. Eppure, a distanza di vent’anni, La maschera di cera continua a comparire nelle discussioni online, nei thread nostalgici e nei video che ricostruiscono gli horror degli anni Duemila. A dimostrazione che a volte il tempo non cancella: semmai arrotonda gli spigoli.
La maschera di cera, un horror diventato cult suo malgrado
La trama è quella che ci si aspetterebbe da un teen horror dell’epoca, con tutte le ingenuità del caso: un gruppo di ragazzi parte per assistere a un importante match di football, un viaggio che dovrebbe essere routine e invece si incastra in uno di quegli imprevisti da cui sarebbe meglio scappare subito. Un guasto all’auto, un incontro apparentemente gentile, una deviazione verso una cittadina che sembra uscita da un set abbandonato: gli ingredienti ci sono tutti.
Il punto di non ritorno arriva quando il gruppo decide — con quella leggerezza che solo i protagonisti degli horror possiedono — di visitare il famoso museo di cera locale. Ed è lì che il film cambia passo: statue troppo realistiche, silenzi troppo controllati, un’atmosfera che mescola il fascino da luna park con un’inquietudine crescente. Facile entrare, meno facile uscire: il sottotesto non viene nemmeno nascosto.
Collet-Serra, negli anni successivi, avrebbe dimostrato di saper dirigere thriller efficaci (Orphan, Unknown, The Shallows). Qui era ancora agli inizi, ma la mano si intravede (tant’è che non tutte le recensioni tesero a stroncare il prodotto). A renderlo “indimenticabile”, però, non è stata la regia: è stata proprio la presenza della ereditiera allora più famosa del mondo, con la curiosità morbosa del pubblico che voleva scoprire quanto fosse capace di recitare, per di più in horror.
Paris Hilton nel mirino (e perché quel Razzie pesò così tanto)
All’uscita del film, la performance di Hilton venne commentata più delle scene di tensione, e quasi sempre in modo impietoso. Non era una sorpresa che finisse candidata ai Razzie, anche perché il suo personaggio sembrava ritagliato apposta per giocare con gli stereotipi: glamour fuori posto, look perfetto anche in mezzo all’orrore, e una scena di morte che divenne virale prima ancora che il concetto di “meme” esistesse davvero.
Eppure, proprio quei premi negativi (per la cronaca, in seguito vincerà tre ulteriori Razzie nel 2009) hanno contribuito a cementare La maschera di cera come un fenomeno pop. Perché Hilton, volente o nolente, era un simbolo culturale e un simbolo, quando inciampa, fa rumore (sebbene gli inciampi della Hilton non è che fossero poi così rari – si pensi anche al sex tape).
Rivedere oggi il film significa anche fare un salto dentro un’epoca molto precisa: gli horror patinati dei primi anni 2000, le colonne sonore pseudo-alternative, i protagonisti che sembrano usciti da MTV. È un film legato al suo tempo, anche nei difetti. Ma forse è proprio per questo che può avere senso vederlo oggi (oltre che per vedere la ottima Hilton).

