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L’urlo della Generazione Z: frantumare gli iPhone per salvaguardare la mente

La Generazione Z distrugge iPhone per protesta contro la tecnologia. Contraddizione o grido d’allarme per riconnettersi con il reale? Analisi del fenomeno.

Viviamo immersi, o forse sarebbe meglio dire sommersi. La corrente digitale inonda ogni cosa, dal lavoro ai momenti di svago, e abbiamo accettato questa realtà come qualcosa di inevitabile. Ma sotto la superficie di questa accettazione universale, cresce un malessere silenzioso. E non proviene da chi rimpiange un passato analogico, dai vituperati boomer, bensì dai cosiddetti “nativi digitali”: la Generazione Z.

In un gesto tanto simbolico quanto distruttivo, decine di giovani si sono recentemente riuniti nel cuore di Manhattan per protestare, martelli in mano. Il loro obiettivo? Distruggere i loro smartphone (e, in particolar modo, gli iPhone).

La protesta, organizzata sotto l’enigmatico acronimo S.H.I.T.P.H.O.N.E. (Scathing Hatred of Information Technology and the Passionate Hemorrhaging of Our Neo-liberal Experience), è un grido di battaglia contro l’eccesso di digitalizzazione. Tradotto, suonerebbe più o meno così: “Odio feroce per la tecnologia dell’informazione e il passionale dissanguamento della nostra esperienza neoliberale”. Un nome che, da solo, tradisce una profonda frustrazione verso il sistema socioeconomico che sostiene il nostro rapporto con la tecnologia (e che ci costringe a rubare tempo al sonno per godere di un po’ di tempo libero).

Ma non è una contraddizione che sia proprio una generazione cresciuta con uno smartphone in mano a guidare questa ribellione? In realtà, è proprio quella familiarità con il digitale a renderli i critici più qualificati. Loro non ricordano un “prima”, quindi il loro giudizio si basa sulla pura esperienza di una vita iperconnessa (senza alternativa altra).

Oltre il gesto: una questione di salute mentale

Il messaggio centrale di questa protesta newyorchese va oltre un semplice rifiuto degli sche(r)mi. I manifestanti sostengono, con un supporto sempre maggiore da parte della comunità psicologica, che l’uso eccessivo di dispositivi, social media e intelligenza artificiale stia generando un’epidemia silenziosa di problemi di salute mentale.

Uno studio pubblicato sul Journal of Abnormal Psychology già nel 2019 segnalava un aumento significativo dei tassi di depressione, ansia e solitudine tra i giovani e i giovani adulti, un incremento che corre parallelo all’ascesa degli smartphone e delle piattaforme social. Il confronto sociale costante (con la FOMO che ormai è cosa di tutti), il ciclo di ricompense intermittenti dei “mi piace” e la pressione di mantenere un’identità digitale perfetta stanno presentando un conto psicologico salatissimo.

Additando colossi come Apple o Meta, i manifestanti non attaccano solo una compagnia o un dispositivo, ma un ecosistema progettato per creare dipendenza. L’economia dell’attenzione, che monetizza il nostro tempo e la nostra concentrazione, è il vero nemico. Frantumare un iPhone è, in questo contesto, un atto di liberazione fisica contro delle catene digitali.

Il paradosso? Protestare contro la tecnologia… riprendendo con lo smartphone

Non può non colpire, tuttavia, il fatto che questa manifestazione contro la digitalizzazione sia stata meticolosamente ripresa per essere diffusa su vari canali online. Questo paradosso è insito nel dilemma moderno: non esiste un “fuori” dal sistema digitale. Anche per criticarlo, dipendiamo dai suoi strumenti.

Ma forse è proprio questa la lezione più importante. L’obiettivo non è un ritorno luddista all’età della pietra, ma pretendere un riequilibrio. Si tratta di difendere il fisico contro il digitale, l’umano contro l’algoritmico, la connessione autentica contro l’interazione superficiale.

Il gesto di distruggere un telefono in pieno centro a Manhattan è una protesta radicale, una metafora tangibile di un desiderio sempre più diffuso: disconnettersi per riconnettersi. Con se stessi, con gli altri, con il mondo tangibile che esiste al di là dello schermo. (Che poi, basterebbe spegnere il device che si ha in mano. Anche in questo momento che stai leggendo).

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