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Limp Bizkit, Tallinn dice no: il concerto salta (Fred Durst è filo-russo?) ed esplode il caso

Il concerto dei Limp Bizkit a Tallinn viene annullato dopo lo stop del governo: politiche estoni troppo rigide o passato di Durst troppo controverso?

Il concerto dei Limp Bizkit previsto a Tallinn per il prossimo 31 maggio (tra un bel po’ di tempo, insomma) è stato annullato dopo le obiezioni delle istituzioni estoni. Sulla carta si trattava di una normale data europea, incastrata in un tour che tocca Paesi perfettamente allineati con la posizione occidentale sulla guerra in Ucraina. Nella pratica, l’annuncio dello show ha riaperto un capitolo che in Estonia – e più in generale nei Baltici – rimane estremamente sensibile: il rapporto con tutto ciò che, nel presente o nel passato, sfiora la Russia.

La posizione ufficiale del Ministero degli Esteri è arrivata immediata: chi, in qualsiasi momento, ha sostenuto la narrativa del Cremlino non è considerato compatibile con lo spazio culturale estone. Un principio che Tallinn applica da anni e che, in una parte dell’opinione pubblica locale, viene percepito come necessario per ragioni storiche e di sicurezza nazionale. Per altri, invece, ciò che a livello istituzionale viene definito come tutela del Paese rappresenta una forma di rigida diffidenza verso tutto ciò che è russo, un clima culturale che affonda le sue radici ben oltre gli eventi del 2022.

Il nome chiamato in causa è quello di Fred Durst. Il frontman della band, nel 2014, espresse simpatia per l’annessione della Crimea e mostrò una bandiera con la scritta “CRIMEA = RUSSIA”, un gesto che portò l’Ucraina a dichiararlo persona non grata per cinque anni. Il suo matrimonio con una cittadina crimeana e alcune dichiarazioni successive – come un messaggio ai fan russi su VK – hanno contribuito a costruire un’immagine che, agli occhi di alcuni Paesi dell’Est Europa, rimane problematica. Si tratta di episodi ormai datati, che non hanno trovato seguito in dichiarazioni politiche negli anni più recenti, come ricordano gli organizzatori estoni. Ma nel contesto baltico, il passato tende spesso a riemergere con un peso che altrove non ha.

Gli organizzatori del concerto, Baltic Live Agency e NTR Team, hanno sottolineato come i Limp Bizkit si siano esibiti regolarmente in Germania, Austria, Francia, Regno Unito, Polonia e altri Paesi fortemente solidali con Kiev, senza contestazioni istituzionali. Hanno precisato che, a loro conoscenza, Durst non abbia espresso alcuna posizione politica dalla metà degli anni 2010 in poi. E hanno ricordato che uno dei co-organizzatori è un team ucraino guidato da un imprenditore apertamente favorevole alla causa di Kyiv. Sono dettagli che, però, non hanno modificato le valutazioni delle autorità estoni.

Il nodo, infatti, non è tanto legato alla band in attività, quanto al contesto nazionale. L’Estonia è da tempo considerata uno dei Paesi europei più inflessibili nella gestione dei rapporti con la Russia. Una scelta che affonda nella storia del Paese e che, negli ultimi anni, si è allargata dalla sfera politica a quella linguistica, culturale e simbolica. Il dibattito è acceso: c’è chi vede in questa rigidità un argine necessario, e chi la interpreta come il segno di una russofobia sedimentata nel tempo (per chi volesse approfondire, vi proponiamo il seguente link – abbastanza emblematico di un contesto in cui tutto ciò che è Russo, ivi compresa la lingua, è messo al bando a vantaggio di un passato quantomeno controverso, se non apertamente fascista).

La vicenda Limp Bizkit finisce così nel mezzo di due interpretazioni che da anni convivono: da un lato un Paese che considera la distanza da Mosca parte della propria identità di sicurezza; dall’altro la percezione, diffusa soprattutto fuori dai Paesi Baltici, che il confine tra protezione e diffidenza culturale sia diventato, col tempo, sempre più sottile.

E in tal senso l’annullamento del concerto racconta quanto il clima della regione renda difficile separare arte e geopolitica, soprattutto quando il passato di un artista si intreccia con una memoria nazionale ancora molto viva. E conferma che, nei Paesi Baltici, anche un singolo concerto può trasformarsi in un caso politico (alla faccia della libertà d’espressione che dovrebbe essere un baluardo dell’Europa – ma scopriamo poco alla volta che non lo è).

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