Il regista Roberto Andò ha nuovamente riunito il trio di attori formato da Toni Servillo, Ficarra e Picone, già utilizzato con successo nel 2022 nel film La Stranezza. Questa volta il risultato sembra però essere meno felice.
Roberto Andò con L‘Abbaglio ha scelto di raccontare un episodio minore della spedizione dei Mille, per cercare di gettare una luce su un periodo storico molto complesso, quello del Risorgimento italiano, ricco di contraddizioni e di compromessi non sempre felici.
Lo scopo della missione del migliaio di volontari capitanati da Giuseppe Garibaldi era di rovesciare i Borboni, che al tempo governavano il Regno delle Due Sicilie. A tal fine la spedizione parte da Quarto, un borgo di Genova, allora appartenente al Regno di Sardegna, nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860. Obiettivo la Sicilia, trampolino di lancio per Napoli, capitale del Regno.
Il racconto de L’Abbaglio parte da questo punto, più precisamente dalla cernita dei volontari fatta dal ferrigno colonnello Vincenzo Orsini, interpretato da Toni Servillo, che tra i tanti accetta anche il claudicante Domenico Tricò (Salvatore Ficarra) e il baro e millantatore Rosario Spitale (Valentino Picone).
Ma al primo contatto con il nemico borbonico, sulle spiagge di Marsala, in Sicilia, i due se la svignano a gambe levate. Per entrambi la spedizione è un semplice pretesto per tornare a casa, e dell’unità dell’Italia non gliene può fregare di meno.
L’Abbaglio: una buona idea per un racconto che però non emoziona
Questa pellicola ha diversi punti in comune con La Stranezza. Stesso regista, stessi tre attori principali, stessi sceneggiatori. In entrambe a Toni Servillo viene serbato l’onore e l’onere d’impersonare un personaggio storico, mentre Ficarra e Picone prestano il loro volto per parti più leggere e di fantasia.
Ma l’esito è diverso. Perché da un lato L’Abbaglio forse si prende un po’ troppo sul serio, visti anche i temi trattati, dall’altro le due anime del racconto, quello picaresco del duo comico e quello serioso di Servillo, si amalgamano molto meno, correndo in modo parallelo per buona parte del film.
Il tema centrale de La Stranezza è il processo creativo di un grande artista, Luigi Pirandello, che trae spunto dalle prove di due cialtroneschi attori amatoriali, nella vita becchini, per avere l’ispirazione capace di superare il suo blocco inventivo. Un argomento che si presta bene per amalgamare il comico e il grottesco con argomenti più impegnati, intrecciandoli in modo efficace.
L’Abbaglio invece vuole essere dichiaratamente una riflessione sul Risorgimento italiano e sui suoi esiti. I temi trattati sono molteplici e complessi: la dicotomia tra principi morali e realtà della vita, e più nello specifico l’inevitabile tradimento degli ideali durante le rivoluzioni, la pervasività della mafia e dei potentati locali, come cartina al tornasole dell’allora nascente questione meridionale, le differenze di classe, la volontà di sopravvivere del popolo, la caratteristiche specifiche delle genti siciliane. Tanta, forse troppa carne al fuoco.
I personaggi impersonati da Ficarra e Picone hanno inoltre ne L’Abbaglio anche delle connotazioni più drammatiche, che se da un lato permettono maggiore libertà espressiva ai due attori, dall’altro ne azzoppano le potenzialità comiche. Un altro punto debole del film sono le scene delle battaglie, veramente troppo didascaliche e nel complesso scarsamente coinvolgenti.
Forse è proprio l’incapacità di emozionare veramente lo spettatore il problema di questa pellicola, che si disperde in mille rivoli narrativi, accennando moltissimo senza mai approfondire nulla.
Certo, il racconto si riscatta nell’ultimo quarto d’ora, grazie anche alla maestria del grande Toni Servillo, capace di dare al suo personaggio una profondità incredibile nonostante tutto.
Forse troppo poco per un film lungo più di due ore.
Peccato.