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Itiner-e, il “Google Maps” dell’Impero Romano: 300.000 km di strade e viaggi calcolati come 2.000 anni fa

Itiner-e ricostruisce 300.000 km di strade romane e tempi di viaggio reali nel 150 d.C.: il “Google Maps” dell’Impero, tra storia, dati e nuove ricerche.

Immaginare di aprire una mappa, impostare “Olisippo” come punto di partenza, “Roma” come destinazione e chiedere al sistema quanto ci si metterebbe ad arrivare, ma nel II secolo dopo Cristo. Nessuna autostrada, niente voli low cost, zero alta velocità. Solo strade romane, cavalli, piedi, carrozze, qualche tratto d’acqua nella migliore delle ipotesi.

Eppure oggi quella risposta ce l’abbiamo: circa 679 ore a piedi, oppure 453 ore a cavallo per coprire il tragitto fra l’attuale Lisbona e la capitale dell’Impero, secondo le simulazioni di Itiner-e, la piattaforma digitale che sta già facendo parlare di sé come il vero “Google Maps dell’antichità”.

Una mappa digitale per un impero di 300.000 km di strade

Itiner-e nasce da un progetto internazionale pubblicato su Scientific Data e ha un’ambizione piuttosto chiara: ricostruire con la massima precisione possibile la rete stradale dell’Impero Romano intorno al 150 d.C.. Il risultato è un dataset che oggi conta circa 300.000 km di percorsi, quasi il doppio di quanto veniva attribuito in precedenza alle vie consolari e alle strade minori.

Non si tratta solo di piazzare qualche linea su una cartina antica. Il team ha incrociato fonti storiche, dati archeologici, modelli topografici e immagini satellitari ad alta risoluzione, costruendo una rete ad altissima definizione che copre l’Impero alla sua massima espansione, su un’area di circa 4 milioni di chilometri quadrati.

La piattaforma non si limita a “disegnare” le strade: consente di calcolare itinerari, stimare tempi di percorrenza in base al mezzo (a piedi, a cavallo, con veicoli) e alla morfologia del terreno, e offre anche una valutazione della verosimiglianza e della qualità delle fonti per ogni segmento. Una specie di layer di “attendibilità” che ricorda i livelli di traffico e sicurezza delle mappe moderne, ma applicato a un mondo di duemila anni fa.

Dalle legioni alle epidemie: la rete viaria come infrastruttura dei fenomeni globali

La forza del progetto non sta solo nel fascino per i curiosi viaggiatori del tempo (in senso metaforico e non), ma nel fatto che trasforma la rete stradale romana in un laboratorio digitale per capire come si muovevano persone, merci, idee… e perfino le malattie.

Gli archeologi e gli storici delle reti hanno già iniziato a usare Itiner-e per modellare la diffusione di grandi eventi “continentali”, come le epidemie: basti pensare all’infezione nota come Peste Antonina, che tra il 165 e il 180 d.C. colpì in profondità l’Impero. Con una mappa così densa, è più facile simulare il percorso di un contagio lungo le strade principali e quelle secondarie, e incrociarlo con i centri urbani, i porti, i crocevia militari.

C’è poi un altro aspetto: le strade secondarie. Per anni l’attenzione si è concentrata sulle grandi vie consolari; Itiner-e invece mostra quanto pesasse quella rete di percorsi “minori”, spesso anonimi, che tenevano insieme campagne, villaggi e piccoli empori. Secondo gli autori, circa due terzi dei tratti mappati rientrano in questa categoria, e sono proprio questi fili sottili a raccontare meglio la vita quotidiana dell’Impero, oltre le grandi capitali regionali.

Dal confronto con ORBIS alla sfida della verifica sul campo

Itiner-e non nasce nel vuoto. Se hai frequentato un po’ di divulgazione storica online, forse ti sarai già imbattuto in ORBIS, il modello geospaziale sviluppato alla Stanford University che ricostruisce tempi e costi di viaggio nel mondo romano, combinando strade, rotte fluviali e vie marittime.

La differenza, oggi, è soprattutto di granularità: ORBIS resta uno strumento prezioso per capire i grandi flussi e le strategie di comunicazione imperiale; Itiner-e fa un passo in avanti sulla densità del reticolo stradale, con quasi 15.000 segmenti e una risoluzione pensata per studi regionali e micro-storie del territorio.

C’è però un dato che gli stessi ricercatori mettono in primo piano e che va ricordato ogni volta che ci si entusiasma: solo il 2,7–3% delle strade mappate è confermato archeologicamente con precisione. Quasi il 90% della rete è composto da tratti “congetturali”, ricostruiti incrociando fonti diverse e la logica dei percorsi possibili; un altro piccolo margine è formato da ipotesi ancora più deboli, da verificare sul campo.

È qui che la piattaforma cambia pelle: da semplice “mappa definitiva” diventa uno strumento aperto, dichiaratamente perfettibile, in cui la comunità scientifica può aggiungere, correggere, raffinare. Un work in progress che, in prospettiva, aiuta anche a indirizzare gli scavi: là dove la mappa suggerisce un probabile tracciato e i dati archeologici sono scarsi, ha senso concentrare nuove indagini.

Dall’Inghilterra al centro Italia: un viaggio che parte anche da casa nostra

Se l’esempio da Lisbona a Roma è scenografico, alcune delle aree più interessanti che emergono da Itiner-e sono molto più vicine a noi. Il dataset, infatti, evidenzia zone in cui le strade sono ben documentate e altre in cui la rappresentatività è più bassa: tra queste figurano, ad esempio, la Britannia romana (Nord dell’Inghilterra, Cornovaglia) e regioni italiane come Toscana e Marche, dove la ricostruzione digitale aiuta a mettere ordine in un mosaico di dati frammentari.

Pensare che sotto paesaggi familiari – colline coltivate, statali, paesi che attraversiamo in auto – possa correre ancora il tracciato di una strada romana, diventa improvvisamente meno astratto quando lo si vede comparire su una mappa interattiva, con coordinate precise e collegamenti verso il resto dell’Impero.

Per chi fa ricerca, per chi lavora nel turismo culturale o semplicemente per chi ama la storia, Itiner-e è una porta aperta: puoi usarla per progettare itinerari tematici, per raccontare una valle partendo non dal presente ma da come la attraversavano i viaggiatori di duemila anni fa, o per spiegare ai più giovani che dietro certe linee dritte nel paesaggio non c’è solo l’ANAS, ma un ingegnere romano in tunica.

E alla fine, la sensazione è proprio questa: prima che Google Maps trasformasse in pixel le arterie del mondo, c’era già qualcuno che aveva disegnato – con pietre, chilometri e una notevole dose di pragmatismo – la prima grande mappa della storia. Oggi, quella mappa torna viva su uno schermo, ed è un po’ come se l’Impero Romano avesse finalmente la sua app.

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