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Com’è la scuola oggi? Lo sfogo di una preside di Bari (che non le manda a dire. A nessuno)

Tina Gesmundo, preside del Salvemini di Bari, critica l’iperprotezione e ripensa l’educazione con fermezza e innovazione.

Tina Gesmundo, preside del liceo scientifico Salvemini di Bari, è diventata simbolo del dibattito sull’educazione dopo il suo discorso schietto durante l’open day del 17 novembre. Parlando di fronte a 400 persone nell’auditorium della scuola, ha abbandonato la diplomazia per criticare l’atteggiamento di alcuni genitori, accusati di imporre ai figli ambizioni che rispecchiano più i propri sogni che le reali aspirazioni dei ragazzi.

«Non sono qui per vendervi un prodotto», ha dichiarato, sottolineando come spesso il successo venga misurato unicamente in termini di denaro e status, anziché di realizzazione personale.

Gesmundo, 64 anni, è una dirigente scolastica con alle spalle una lunga carriera iniziata come insegnante di greco e latino (tutte le presidi iniziano la propria carriera come insegnanti). Componente attiva di una famiglia di educatori – il marito è un ex docente di filosofia e la figlia è insegnante di storia dell’arte – vive l’insegnamento come una missione (e ce ne fossero, oggi giorno, uomini e donne con questo approccio).

Quel giorno, il tono deciso della preside è nato da un’intuizione del momento: «Non avevo preparato nulla. Vedevo genitori che si muovevano come clienti in un centro commerciale e non sono riuscita a trattenermi. Il mio è stato un intervento spontaneo, forse eccessivo, ma sincero».

Quando le si chiede delle richieste di favoritismi ricevute, Gesmundo risponde con fermezza: «È vero, la nostra scuola è molto richiesta e abbiamo dovuto imporre un numero chiuso per mancanza di spazi. A marzo, su 420 domande, abbiamo potuto accettarne solo 360. Mi sono arrivate pressioni da persone influenti, ma mai per modificare i voti degli studenti».

La preside affronta anche il tema dell’iperprotezione: «Troviamo in classe molti ragazzi con diagnosi che spaziano dall’ansia alla disgrafia. È giusto riconoscere e affrontare questi problemi, ma a volte il protezionismo eccessivo non permette ai giovani di sviluppare consapevolezza e autonomia».

Gesmundo riconosce di essere una personalità polarizzante, schierata a sinistra ma non come ci si immagina oggi una persona di sinistra (più Marco Rizzo che una personalità woke, per intenderci): «Sono orgogliosamente di sinistra, ma non quella radical chic. Non mi vedo in politica: sono troppo scomoda».

La sua leadership si esprime anche attraverso misure concrete. Gli studenti sospesi, ad esempio, partecipano a lavori socialmente utili all’interno della scuola: «Rimettono in ordine la palestra, puliscono gli scaffali, aiutano gli altri. È un modo per insegnare loro il senso di appartenenza e responsabilità verso la comunità».

Nonostante qualche dissapore, la maggior parte delle famiglie sostiene il suo operato: «Quando non sono d’accordo, chiedono il trasferimento e cambiano scuola. Non salutare prima di andarsene è un gesto che mi ferisce, ma rispetto le loro scelte».

Negli ultimi due anni, i trasferimenti non sono stati pochi, ma Gesmundo non sembra intenzionata a cambiare stile: «La scuola non è un’azienda, e io non sono qui per compiacere».

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